La nostra cultura è segnata, come ogni cultura, dalla “mano della donna” anche se non tutti sono disposti a mettere in rilievo tale fatto e a volerlo evidenziare: ma comunque resta nel profondo della storia umana tale segno particolare.
La donna segna in modo incisivo la storia dell’umanità, e non si può prescindere da questo dato di fatto.
Come Cattolici e come Cristiani, non possiamo non prendere in considerazione il modo in cui la donna veniva considerata nella cultura ebraica, dalla quale la nostra stessa religione ha attinto simboli e feste, anche se poi “trasformate” dalla Resurrezione di Cristo.
Nella cultura ebraica, la famiglia aveva un ‘sogno’ particolare: avere una discendenza molto numerosa. Nel grande numero di figli, la coppia ebraica vedeva la benedizione del Padre Celeste.
Ma il compito principale nella famiglia, per quanto riguardava l’educazione delle figlie, era della madre.
La bambina lavorava con la madre ed imparava così le varie usanze familiari. In tale modo riusciva anche ad apprendere le tradizioni religiose del suo popolo.
Quando aveva circa 13 anni, la bambina ebrea riceveva già la richiesta di matrimonio. Lei non veniva consultata per questa svolta importante della sua vita, ma erano i relativi padri di famiglia che contrattavano la cosa. Infatti il padre dello sposo andava a parlare, in casa della sposa, proponendo una somma di denaro quale compenso per la famiglia della donna.
In tutto questo i due interessati non venivano mai consultati e tutto veniva svolto dalle rispettive famiglie.
Era un vero e proprio contratto che si compiva con l’ingresso, nella casa dello sposo, della fidanzata.
La giovane sposa, anche se ora aveva cambiato famiglia, non vedeva però mutata la sua situazione, in quanto rimaneva sempre soggetta a qualcuno: prima il padre, ora il marito.
Nella nuova famiglia la sposa aveva come compito il procreare e il prendersi cure di tutte le faccende domestiche.
La nascita dei figli, soprattutto dei maschi, la faceva essere maggiormente considerata e meritevole di più attenzioni affettive: in lei, proprio perché metteva al mondo dei figli, si vedeva colei che faceva da ‘intermediario’ fra l’umanità e Dio, in virtù delle benedizioni divine che scendevano sulla nuova famiglia con la nascita di bambini.
La donna, poi, fra le sue virtù, ne aveva una che la metteva in particolare rilievo: la fedeltà assoluta al coniuge.
Mentre lo sposo poteva anche commettere adulterio, ed avere anche più mogli, per la sposa non era lo stesso.
Comunque la situazione di bigamia era sempre una condizione piuttosto eccezionale, in quell’ambiente, in quanto era la monogamia lo stato di vita più frequente della famiglia ebraica.
Il dislivello fra maschio e femmina, fra sposo e sposa, era notevole, ma non era stato voluto così dal Creatore.
Il Padre della Vita aveva creato con pari dignità l’uomo e la donna, ma la cultura dell’epoca, l’ambiente e le situazioni storiche del tempo, avevano stravolto la visione originaria del rapporto di coppia.
Bisognerà aspettare la venuta di Gesù per ristabilire l’equilibrio iniziale e ridare alla donna la dignità che per lei aveva voluto lo stesso Creatore.
Nell’ambiente ebraico, l’uomo e la donna, teoricamente, erano con la stessa dignità. Ma non era così nella vita pratica.
Gli ebrei avevano smarrito, dimenticato, il progetto originario che Dio aveva fatto sull’uomo e sulla donna.
Solo nel Nuovo Testamento tale progetto riprende la sua forma iniziale.
Dai testi evangelici possiamo comprendere il pensiero di Gesù sulla figura della donna palestinese e sulla donna in generale.
Gesù stabilisce un contatto col mondo femminile che ci sottolinea il suo modo di rapportarsi alla donna ed il modo in cui debba essere considerata.
Per esempio, se leggiamo, in questa ottica, la risposta che il Maestro dà alla domanda sul divorzio, ci rendiamo conto che egli si rifà alla Genesi e sottolinea come la natura umana, dal Creatore, sia stata creata di uguale dignità fra uomo e donna.
Durante tutta la sua vita pubblica, Gesù dona alle donne molto del suo tempo, conversando con loro, parlando anche con loro del modo di porsi nei confronti della vita materiale e spirituale.
Basta, per esempio, guardare l’episodio di Marta e Maria, in cui egli, intrattenendosi con loro, mette in risalto quale sia la ‘parte’ migliore da scegliere nella vita.
Gesù parla anche con le donne peccatrici, con donne che sono eretiche, con donne che sono pagane. Egli non fa distinzioni perché la Parola di Dio è per la salvezza di tutti. Le richieste e le esigenze delle donne sono tenute in considerazione allo stesso modo di quelle per gli uomini, anche per quanto riguarda i miracoli.
Il Cristo mette, quindi, sullo stesso piano la donna e l’uomo, ascoltando entrambi e dando consigli per vivere in modo migliore la propria vita di fede.
Durante le nozze di Cana egli compie il suo primo miracolo esaudendo la richiesta fatta da una donna, sua Madre. A Betania resuscita il suo amico Lazzaro, dietro le richieste delle sorelle Marta e Maria.
Guarisce una donna curva di sabato.
Guarisce la donna che era emorroissa da tanti anni.
E così via…
Nei vangeli troviamo tanti gesti e miracoli che Gesù fa per la donna, o dietro sua richiesta, ed a volte anche senza che questa dica nulla.
Il suo considerarla in questo modo la riporta alla dignità iniziale, che ritroviamo descritta nella Genesi, quando Dio Padre aveva donato alla coppia umana la stessa dignità.
Il Maestro nella donna sottolinea pure il ruolo della maternità.
Basta osservare in che modo ascolta la richiesta della madre dei figli di Zebedeo. Ha pietà della vedova di Naim che porta alla sepoltura il suo unico figlio.
Ha come sue seguaci madri di suoi discepoli.
Per la donna Gesù rivela un rispetto particolare: la pone sempre sullo stesso piano dell’uomo, l’ascolta allo stesso modo, la aiuta nel bisogno. Per lui è adultero anche l’uomo, e non soltanto la donna, quando c’è un’unione non legittima ed extraconiugale.
La donna adultera da lui non viene condannata ma perdonata ed invitata a non peccare più.
Per l’ambiente ebraico di quel tempo, in cui la donna viveva sempre una condizione subalterna nei confronti dell’uomo, diventa uno ‘scandalo’ l’atteggiamento di Gesù che, invece, tratta uomo e donna sullo stesso piano.
Lui ripristina il progetto originario di Dio sulla coppia umana, progetto che comporta il rispetto reciproco e la pari dignità per entrambi.
Ma non solo questo: l’atteggiamento di Gesù nei confronti della donna ci insegna anche ora il giusto modo di rapportarsi e di considerare la persona umana.
Qualsiasi sia il sesso o la condizione sociale, uomo e donna sono comunque figli dello stesso Padre Celeste, che ha donato alla coppia umana la pari dignità.
Adele Caramico