Introduzione
Se si apre qualsiasi dizionario della lingua italiana, e si cerca la parola famiglia, si legge di solito che è quel nucleo di persone costituito da genitori e figli, che vivono insieme. Se però ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che la famiglia è cambiata rispetto agli anni passati.
Senz’altro possiamo affermare che essa ha subito, nel secolo che si è concluso, delle molteplici trasformazioni. Dalla famiglia patriarcale, in cui nella stessa casa vivevano insieme più generazioni ( nonni, figli, nipoti, nuore, ecc…) si è passati a quella nucleare, in cui ci sono solo i genitori ed i figli.
Ma le trasformazioni non sono avvenute solo a livello dei diversi modi di aggregarsi, bensì anche a livello interno. Ad essere cambiati sono, soprattutto, i rapporti reciproci fra i vari membri ed il modo di “stare insieme”.
Quella che una volta veniva considerata come la “famiglia legale”, cioè quella regolarmente costituitasi almeno con un atto civile, non si presenta più come un modello a livello sociale. Infatti abbiamo coppie non sposate, che vivono sotto lo stesso tetto, anche con figli; coppie che si sono separate e poi risposate e quindi hanno costituito un nuovo nucleo familiare del quale, spesso, fanno parte anche i figli del precedente matrimonio, ecc…
La famiglia sta attraversando un periodo in cui si intrecciano crisi e speranze. Per quanto riguarda le crisi, innanzitutto abbiamo quella della vita, si vive nella contraddizione o di paura del mettere al mondo un figlio, oppure di volerlo a tutti i costi, anche ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita; nello stesso tempo c’è anche il rifiuto totale di una gravidanza ed il ricorso all’aborto. La vita che dovrebbe essere accolta ed amata, in quella “culla” che le è propria, come la famiglia, viene invece proprio da essa in un certo senso rinnegata.
Altra crisi possiamo riscontrarla nell’amore, che non viene più vissuto come un sentimento nel quale c’è il dono ed il rispetto reciproco ma, spesso, come qualcosa di materiale: come una semplice ricerca di piacere personale ed egoistico. Ciò genera una profonda incrinatura nel rapporto di coppia, perché viene meno quel fattore unitivo e oblativo che invece è fondamentale per l’unione della coppia stessa.
Un ultimo elemento di crisi, ultimo ma non meno importante, va visto nel declino della fede nelle coppie: ad essa a volte viene riservato un posto molto marginale nella vita a due, senza quindi avere una vita di fede vissuta insieme ( a volte capita che uno solo dei coniugi si ponga il problema delle religione), senza avere un momento di preghiera in famiglia; ma altre volte la religione e la fede non hanno proprio alcun posto nella vita familiare.
Ma, la famiglia, comunque, riveste un’importanza fondamentale per il costituirsi della società. Senza di essa, non può esserci neppure la società stessa.
Abbiamo detto di questo intreccio: ci sono anche situazioni familiari che danno modo di sperare ad una soluzione diversa del problema della famiglia oggi. Anche se, a livello di modello sociale, si evidenzia una vita di coppia diversa dal passato, ci sono sempre coloro che continuano a scegliere di sposarsi e di celebrare il proprio matrimonio in chiesa.
E’ vero pure che, a volte, si celebra il matrimonio religioso non perfettamente coscienti di ciò che si sta facendo , ma è anche vero che ci sono sposi che credono in questo sacramento e si sforzano di viverlo come tale.
La speranza può essere letta proprio in queste coppie che scelgono il sacramento e si sforzano di viverlo in maniera coerente alla loro fede. Tali coppie diventano da “traino” per altre, col loro esempio e con la loro testimonianza.
Un fattore importante, che non bisogna trascurare, è che per formare una famiglia c’è bisogno di maturità e di consapevolezza di ciò che si costituisce. Il matrimonio non deve essere una scelta qualsiasi, fatta per comodità o perché così fanno tanti. Il matrimonio è una vocazione e, solo se vissuto come tale, dà luogo ad una famiglia che è più solida e cosciente del ruolo che occupa e del compito enorme che ha da svolgere.
E’ significativo ricordare un’affermazione della Carta dei diritti della Famiglia, un documento della Santa Sede, che dice che “Gli sposi, nella naturale complementarietà che esiste tra uomo e donna, godono della stessa dignità e di eguali diritti a riguardo del matrimonio” (art. 3c).
Uomo e donna, messi sullo stesso piano, con l’identica dignità di persona umana, costituiscono, col matrimonio, la prima cellula della società ma anche una piccola chiesa domestica, nella quale i figli potranno imparare ad amare ed a vivere, in modo pieno, nella società.
Uomo e donna, sullo stesso piano della dignità umana, e del rispetto reciproco, possono guardare al matrimonio come ad un progetto fatto insieme, loro due col Signore, e del quale non si può fare a meno per affrontare la vita futura in modo cosciente e responsabile.
Ma tutto ciò può avvenire solo se si parte dal considerare il matrimonio quale chiamata vocazionale, perché solo così realmente la coppia sente di essere coinvolta in un cammino insieme a Cristo.
La famiglia, quale “chiesa domestica”, è chiamata a prendere parte attiva sia alla vita della Chiesa che alla vita della società: è indispensabile il suo contributo in tutti e due gli ambiti.
Proprio come “chiesa domestica”, la famiglia, come ci ricorda il Direttorio di pastorale Familiare, essendo inserita nello stesso mistero della Chiesa, è chiamata a pendere parte attiva alla sua missione, nelle modalità che le sono proprie (cfr.n.135). Tutto ciò avviene sempre in virtù delle grazie che le scaturiscono dallo stesso sacramento. I coniugi cristiani, quindi, allo stesso modo come ricevono l’amore di Gesù , così devono trasmetterlo agli altri, diventando così non solo una “comunità salvata” ma anche “salvante” (cfr. Familiaris Consortio, 49).
(continua)
Adele Caramico Stenta